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Day 1: Il Sole ad Addis

Il nostro primo giorno di missione è giunto al termine…

Addis ci ha accolto con un giorno di sole, dopo una settimana in cui è piovuto moltissimo con notevoli disagi: le strade secondarie infatti non sono asfaltate, il ché significa fango per tutti coloro che ci abitano o lavorano.

A pochi passi da noi si trovano gli uffici di IFSO, il nostro partner locale con cui abbiamo appuntamento. Attraverso i loro racconti, ci rendiamo conto di come qui ogni giorno accadano piccolo miracoli.
Trovare fondi direttamente in Etiopia non è facile: come altre organizzazioni, hanno delle restrizioni governative addirittura sulla quantità di fondi che possono raccogliere nel loro Paese. Questo fa sì che il budget a disposizione sia davvero poco, anche per figure cruciali come quelle degli psicologi che seguono il progetto “Fiori che rinascono“, e si capisce quanto sia fondamentale anche l’aiuto che arriva dall’estero.
Nelle loro parole, però, si sente quanto ciò che importa loro sia il benessere dei tanti bambini che seguono: col poco che hanno, tra mille difficoltà, riescono a fare cose egregie. Ci sarebbero però tantissimi altri progetti da portare avanti, molti altri bimbi da accogliere: i sostenitori de Il Sole Onlus sono per loro come una famiglia, in questo. Sentono di aver vicino sia l’associazione che chi ogni anno dona ai progetti e ai sostegni a distanza. È anche grazie a questo, oltre che alla consapevolezza che il loro lavoro davvero migliora la vita e garantisce ai bambini un futuro, che riescono ad andare avanti col sorriso sulle labbra.

Dopo un pasto comunitario, abbiamo dedicato il pomeriggio alla visita delle Foster home, maschile e quella femminile. Entrambe ospitano minori che hanno subìto violenza, spesso da qualche parente, e che per la loro sicurezza sono stati allontanati momentaneamente dalla loro famiglia di origine, finché non vengano portati a termini le cause in cui i loro aggressori sono coinvolti. Molti adulti infatti tendono a vendicarsi, quindi questi bambini non possono nemmeno frequentare la scuola in questo periodo.
Sono bimbi di cui, per ovvi motivi, non possiamo mostrare il volto: negli occhi e nella timidezza di alcuni di loro si intuisce un passato pesante, ma tutti sorridono e sono felici di averci lì: lo vivono come la dimostrazione che qualcuno, seppur lontano, stia pensando a loro.
Ci dicono quanti anni hanno e qual è il loro nome, si sforzano di parlarci inglese, anche per far vedere quanto si stiano applicando a impararlo, anche se non direttamente a scuola. Grazie alle Foster home hanno anche la possibilità di darsi una mano l’un l’altro: il nostro referente ci spiega quanto questo li aiuti a ritrovare fiducia in sé e negli altri, e ad aprirsi. Seguono delle attività creative che permette loro di tirare fuori ciò che hanno dentro, ma anche alcune propedeutiche al lavoro per i più grandi. Alcune delle ragazze sono ormai adolescenti: fuori da questa realtà magari preferiranno trovare un lavoro per cui è necessario imparare a far qualcosa…
Poi c’è la lettura, in inglese e in amarico, molto incentivata da chi li segue amorevolmente. Sono pur sempre bambini e infatti subito – i maschietti soprattutto – ci fanno vedere i loro giochi: vecchie biglie e una corda aggiustata alla bell’e meglio. Sono i loro passatempi: poche cose…Se le fanno bastare, ma ovviamente sognano di avere altri giochi: un pallone, magari un giorno addirittura una bicicletta…ma soprattutto delle scarpe! Sia i bambini che le bambine vanno dritti al sodo sotto questo punto di vista: vorrebbero avere anche scarpe, pigiama e delle borse per tenere i loro pochi vestiti. Nelle camere non ci sono armadi: un po’ per questioni di costi, ma soprattutto di spazio. E capiamo subito quanto, per chi sia stato derubato così piccolo della propria intimità, un posto da poter definire proprio sia un tesoro incommensurabile…

Leggi degli incontri che abbiamo avuto durante il nostro secondo giorno ad Addis Abeba!